Internet, restrizioni e censure in troppi Paesi

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Dal report “Freedom of the net 2016” pubblicato dal think tank Freedom House, si evince che sempre più Paesi al mondo sottopongono Internet a censure e restrizioni.

Associare la parola “Internet” alla parola “censura” è un ossimoro, poiché la Rete nasce proprio con l’intento di diffondere quando più possibile la libertà di informazione.

La Rete dovrebbe essere libera per default, invece non è cosi. La censura sul Web, da sei anni a questa parte, continua ad aumentare e la libertà di Internet è in pericolo a causa di governi sempre più repressivi.

E così due terzi degli utenti di Internet subiscono censure di ogni genere. A essere presi più di mira dai Paesi meno “liberi” sono si social network ma negli ultimi tempi l’attenzione degli stessi governi è rivolta anche alle app di comunicazione, come WhatsApp e Telegram.

L’intento, ovviamente, è di impedire la comunicazione soprattutto durante proteste o manifestazioni anti governative.

Alla Cina spetta il primato di Paese più repressivo nei confronti di Internet, seguono Siria e Iran (la Corea del Nord non è monitorata).

L’Italia, anche se rispetto al 2015 ha ottenuto un punteggio inferiore (probabilmente a causa della discussa legge sul cyberbullismo, il cui iter non è ancora concluso), è annoverata tra i Paesi che godono di una maggiore libertà online.

Lo studio di Freedom House ha preso in considerazione 65 Paesi, l’88% della popolazione globale online, nel periodo compreso fra giugno 2015 e maggio 2016.

Nel rapporto si legge che alcuni utenti di Internet sono stati raggiunti da sanzioni senza precedenti: nell’ultimo anno in 38 Paesi le autorità hanno eseguito molti arresti solo per contenuti pubblicati sui social.

Il 27% degli utenti che utilizzano la Rete, vive in Paesi in cui si sono verificati arresti solo per aver pubblicato, condiviso o solo mostrato interesse con un “Like” per contenuti su Facebook.

E’ allarmante il dato che le Nazioni in cui si registrano arresti per questi motivi sono aumentate del 50% rispetto al 2013.